Disdetta contratto e penali | Scegliere l’adsl in 7 punti
Già il titolo di questo articolo contiene una provocazione. Le penali per disdetta contratto relativi alle telecomunicazioni, infatti, sono state vietate per legge nel 2007, con il dl n.7/2007 (convertito in legge nell’aprile dello stesso anno, con la legge di conversione n.40/2007), generalmente conosciuto come decreto sulle liberalizzazioni o legge Bersani.
Fine indecorosa di una legge
Perché, allora, cinque anni dopo siamo ancora qui a parlare di penali? Perché tanto per cambiare le leggi in Italia servono solo per essere aggirate. Quel decreto Bersani del 2007 portava delle grandi novità e dei vantaggi indiscutibili per i consumatori, ma aveva altrettante falle che ne hanno nella pratica invalidato gli effetti e sterilizzato l’efficacia. Così, l’abolizione dei costi di ricarica delle schede prepagate dei cellulari ha portato a un aumento dei costi di chiamata (poi per fortuna in gran parte rientrati), la possibilità di ereditare la classe di rischio nelle assicurazioni ha portato le compagnie assicurative a prezzare diversamente le classi ereditate e quelle maturate, con una mossa che più che definirla escamotage giuridico, la chiamerei presa in giro bella e buona e se le autorità di garanzia e la politica avessero un minimo d’amor proprio prenderebbero provvedimenti anche semplicemente per l’arroganza con cui questi comportamenti illegali vengono messi in atto.
Vediamo ora con quale scusa, nello specifico, gli operatori di telefonia hanno raggirato la legge. Riporto innanzitutto il paragrafo della norma che ci interessa, il comma 3 dell’articolo 1:
I contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, devono prevedere la facoltà del contraente di recedere dal contratto o di trasferire le utenze presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell’operatore e non possono imporre un obbligo di preavviso superiore a trenta giorni. Le clausole difformi sono nulle, fatta salva la facoltà degli operatori di adeguare alle disposizioni del presente comma i rapporti contrattuali già stipulati alla data di entrata in vigore del presente decreto entro i successivi sessanta giorni.
Tutto abbastanza chiaro, se non fosse per questa manciata di parole: “spese non giustificate da costi dell’operatore”. Cioè, basta che l’operatore si lagni un po’ dicendo che sta sostenendo dei costi per far sì che le penali cacciate dalla porta rientrino dalla finestra con il nome di “costi di disattivazione”.
Ma la sfacciataggine non si ferma qui. L’AGCOM, infatti, ha successivamente precisato che questi costi non solo devono essere chiaramente specificati nel contratto, ma che devono essere anche direttamente collegati alla cessazione del servizio, escludendo così che questi costi si possano applicare qualora l’utente passi da un operatore all’altro. Infatti, questa è l’interpretazione dell’AGCOM, il gestore sostiene dei costi di disattivazione solo quando l’utente chiede di staccare del tutto la propria linea, mentre nel passaggio da un operatore all’altro, la disattivazione non comporta alcun costo ulteriore.
Questo, ovviamente, secondo l’AGCOM. I gestori, invece, sembrano pensarla diversamente. Chi ha avuto modo di consultare queste pagine saprà già, infatti, che tutti gli operatori prevedono costi di disattivazione sia che si disdica del tutto il servizio, sia che si passi ad altro operatore.
Disdetta contratto: non solo penali
Un’altra strategia anticoncorrenziale cui la legge lascia aperta la porta è quella di inserire varie forme di costi aggiuntivi o comunque forti disincentivi sotto forma di promozione. Mi spiego. La legge vieta espressamente che i contratti possano avere una durata minima prestabilita, dando la possibilità di cambiare operatore quando si vuole; però alcuni operatori mettono la questione dei costi aggiuntivi sul piano di un offerta promozionale, la più comune è: l’attivazione della linea è gratuita se resti con noi almeno tot mesi. Pertanto, considerando che i costi di attivazione vengono stabiliti unilateralmente dal gestore e sono spesso piuttosto alti, il divieto di durata minima del contratto va in sostanza a farsi benedire.
Si tratta di un comportamento illegale? No, questo no. I più cinici diranno, anzi, che si tratta di un semplice strumento di marketing. Ciò che mi chiedo è: perché mai il marketing deve sempre fare leva sugli svantaggi, piuttosto che sugli incentivi? Non sarebbe più efficace fornire un servizio ulteriore, una qualità maggiore nell’assistenza, piuttosto che dirti: guarda che se te ne vai, paghi di più! Cos’è, il marketing della minaccia? Mah!
Restituzione apparati
C’è un altro stratagemma ancora, ed è quello di legare l’uso gratuito dell’eventuale modem a un limite minimo di durata contrattuale. O magari di richiederne la restituzione alla rescissione del contratto, e qui, in effetti, nulla da eccepire: non sei più dei nostri, ci riprendiamo il modem. Ci può stare.
Il problema è che spesso la restituzione degli apparati non è disciplinata correttamente dalle norme contrattuali, lasciando adito a fraintendimenti e confusione. Per questa ragione, al momento della rescissione del contratto, conviene sempre esplicitare all’operatore la propria volontà di restituire l’apparecchio e richiedere al contempo le modalità con cui poterlo fare. Se ti occupi in prima persona della disdetta contratto, puoi includere questa richiesta direttamente nella raccomandata. Se invece stai cambiando operatore e sarà il nuovo gestore ad occuparsi della disdetta, il mio consiglio è quello di inviare comunque una raccomandata al vecchio gestore per esplicitare la tua intenzione di restituire l’apparato. Eviterai così il rischio di trovarti a rimbalzare tra operatori di call-center, ognuno con la propria versione del problema, salvo incappare in problematiche persino peggiori.
Anche per questa ragione, il mio consiglio è quello di evitare gli apparati (spesso mediocri) messi a disposizione dagli operatori, tranne nel caso dell’eccellente Vodafone Station 2 che da sola vale l’intero abbonamento a Vodafone. In base alle vostre esigenze, potreste puntare a modem wifi di fascia alta come questo magnifico modem-router Linksys, o questo modello più economico per esigenze più modeste.
E’ un vero guadagno per gli operatori?
E adesso veniamo alla questione per me più spinosa. Cosa hanno da guadagnarci gli operatori telefonici da tutta questa ridicola giostra dei costi di disattivazione? Con i margini di guadagno che hanno, di certo non saranno queste bricioline a tenere in piedi la baracca. Allora perché rimetterci la faccia, rovinarsi la reputazione, passare per farabutti?
Qui resto francamente senza risposte. Nel mio piccolo, io sono assolutamente convinto che una seria operazione di trasparenza sui costi, di chiarezza sulle norme contrattuali e quant’altro, avrebbe un ritorno di immagine enorme sull’operatore che se ne facesse promotore, con un conseguente aumento di sottoscrizioni tale da far parere ridicolo qualsiasi piccolo costo sostenuto effettivamente dalle aziende per la rescissione dai contratti.
Non si tratta tanto di fare i moralisti, ma di un semplice calcolo economico: se sei bravo, bello e buono i clienti saranno felici, parleranno bene di te e tu guadagnerai di più. Se sei un mascalzone e fai di tutto per farti odiare, gli stessi clienti, pur a parità di servizio, si lamenteranno sia in rete che fuori e ti faranno una pessima pubblicità. Tutto per delle sciocchezze. Al giorno d’oggi l’immagine conta più di qualunque altra cosa, e i grandi brand a livello internazionale lo sanno bene (l’esempio più palese è quello di Apple e del suo proverbiale servizio clienti).
La mia sensazione è che in Italia la semplice idea della concorrenza faccia tremare di terrore i dirigenti di qualunque azienda, specie quelle più grandi che gestiscono potere e influenze, dal sistema degli istituti di credito e assicurativi, al mercato dei carburanti, dai partiti politici fino, ovviamente, alle telecomunicazioni. Spesso sembrano terrorizzati da qualunque pur minima apertura alla concorrenza, colpiti da una sorta di superstizione che prescinde anche da valutazioni strettamente economiche. L’immobilismo economico di questo Paese non è certo cosa d’oggi e non rientra nelle mie competenze discorrere i perché e i per come, ma le ricadute sui costi delle bollette sono un problema che è nell’interesse di tutti discutere.
Tu come la pensi? Non saresti più invogliato ad abbonarti a un’azienda che fa della trasparenza il proprio vanto? Lascia un commento qui sotto!
Sicuramente se un’azienda fosse trasparente ed avesse una ottima affidabilità sarei più invogliato a sottoscrivere un contratto con lei. Purtroppo è una mera utopia… In Italia il consumatore è bistrattato e nessuno delle alte sfere si prendere carico di questo.
Parole sante! E sono in tantissimi a pensarla come te, ma purtroppo le aziende sembrano interessarsi più alle furberie da due soldi che a costruire un’immagine di affidabilità e trasparenza. Le cose stanno lentamente cambiando, ma – appunto – lentamente, molto lentamente.
Grazie per il commento e per lo sfogo.
A presto!